Chi si aspetta un post erotico, passi pure oltre. Oggi non leggerà niente di interessante. Questo è più uno sfogo sugli ultimi duri mesi culminati con l’ultimo bimestre di follia. Alzi la mano chi avrebbe pensato che nel 2020 potevamo passare ciò che abbiamo passato e, soprattutto, nei tempi e nei modi con cui lo abbiamo passato. Il castello di carte della nostra ipocrisia è stato spazzato via dall’onda d’urto possente di un virus talmente piccolo che è inimmaginabile per quelle che come me non hanno dimestichezza quotidiana con attività scientifiche. È bastato un nonnulla per farci capire che siamo davvero ben poco e che, forse, starà a noi raccogliere i frutti di questa vicenda. Sono stata due mesi chiusa nella prigione dorata della mia adorata Fiorenza. Quando mi son resa conto che sarei dovuta stare a casa così a lungo ho pensato che mi sarei buttata a capofitto nella scrittura, avrei ripreso a tessere la mia tela sociale e avrei provato a girarmi dall’altra parte per non guardare allo specchio della mia esistenza. Invece mi son trovata per due mesi racchiusa nelle poche stanze della mia interiorità. Poco prima che arrivasse questo cazzo di virus avevo gettato un sasso nello stagno: un grosso sasso nello stagno da cui mi abbevero. I dettagli li sa solo una persona e a lei va il ringraziamento di una generosa, sincera e disinteressata amicizia. Grazie B. Non scenderò in particolari, ma mi sono messa in gioco, provando ad andare contro il sistema, contro un metodo di lavoro che guardava più ai numeri che alle persone, che guardava più al business che al social wellness, che guardava più a chi più faceva piuttosto che guardare a chi più aveva bisogno. Mi hanno detto di tutto. Ma ho tirato dritto. Ho pensato di esser fuori. Autoeliminata in un ambiente in cui non aspettano altro che un passo falso per farti fuori. Ma ho preferito esser me stessa, come sono sempre stata. Ho ammutolito una platea di 450 persone vomitando su di loro la realtà della miseria inumana che rischiava di essere la quotidianità. Ed ho anticipato questo cazzo di covid, perché improvvisamente il distanziamento sociale me lo son trovata già a Gennaio. Prima tutti a cercarmi, M di qua, M di là, M vieni con me, M andiamo qui, M usciamo. Poi ero diventata io l’appestata, la pecora nera. Ma, forse, un po’ pecora nera lo sono sempre stata. Finito l’intervento sono tornata al mio posto nel silenzio più assoluto accompagnata solo dall’assordante rumore dei miei pensieri, camminando al ritmo dei miei tacchi 12. Ma io tiro dritto per la mia strada… se vuol dir ricominciare, ricomincerò. Chi di voi mi conosce sa che sono disposta a tutto, ma non mi tiro mai indietro sui miei princìpi, costi quel che costi. Ho accettato di vivere a un Frecciarossa di distanza dalla mia amata Fiorenza, allettata da proposte lavorative rivelatesi poi fuorvianti e dovendo vivere nell’alienazione di una non-casa in cui ero servita e riverita. Molti ci avrebbero messo la firma e ce la metterebbero tutt’ora. Io no. Dopo mesi di non-vita ho buttato a monte la comfort-zone e sono andata a viver da sola in una piccola tana in cui l’animale che è in me ha potuto ritrovare energie e leccarsi le ferite, ma in riva al fiume sbagliato. Chi è nata a Fiorenza ha un legame speciale con la propria città, un legame che difficilmente può esser compreso da chi non ha nel proprio DNA la sagacia, la tenacia, l’ironia, la passione, l’arguzia e la testardaggine di noi che non pronunciamo le C. E lì nella tana, durante una nottata insonne e agitata purtroppo non per piacevole attività fisica ma per brutti pensieri, ho deciso di mettermi in gioco. Di nuovo. Come non si sa quante altre volte mi sia capitato nella mia vita. E ogni volta mi lancio, con irriverente pervicacia senza guardare in faccia a nessuno. O mi si ama o mi si odia. E, forse, son più i secondi che i primi.
Poi è arrivata la pandemia che ci ha sbattuto in faccia tutta l’ipocrisia del nostro mondo fatto di falsi miti e di sovrastrutture che ci creiamo per darci un alibi ma che alla fine… non contano un cazzo. Ci si trova nudi di fronte a noi stessi. E quando siamo lì è inutile continuare a mentirci. Sappiamo bene chi siamo. Ho pensato molto, in questi mesi. Non sono riuscita a scrivere una parola. Non una sola parola di quel cazzo di storie vissute che volevo raccontare. Poi, stasera, per caso, sono rientrata su Facebook ed ho trovato on line una splendida persona che non citerò (anche per non fargli montare la testa, anche se so che non è certo il tipo) e da un semplice scambio di pochissime battute compresi i convenevoli di turno… mi ha dato lo sprint giusto per rimettermi davanti al mio notebook a trascrivere in parole ciò che mi passa dentro. Grazie A. (privacy d’obbligo) quel tuo modo garbatissimo e gentile oltre che alla millenaria pazienza che hai sempre dimostrato nei miei confronti mi hanno dato la spinta giusta per imbrattare di caratteri il tempo libero di chi legge queste righe.
In quasi due mesi trascorsi in casa la cosa più dura per una come me è stata mantenere il distacco sociale… io che sono sempre a cercare il contatto degli altri… a me che piace da morire abbracciare ed essere abbracciata… di punto in bianco è stato brutto sentirsi quasi una ricercata anche solo perché volevo fare jogging in un parco anziché attorno all’isolato… mi sono alzata per un mese alle 4 di mattina per correre al buio da sola lontana da tutto e da tutti… e per scappare, assurdamente, come se fossi una pericolosa delinquente. È meraviglioso, però, correre nel silenzio spettrale di una città bellissima. Ma è anche agghiacciante come l’isolamento di tutti. Ho pianto, correndo, non mi vergogno a dirlo e mi sono fatta mille domande… ho cercato tante risposte. Alcune le ho trovate dentro di me, altre nelle poche persone con cui ho comunicato seppur solo a messaggi. Cerchiamo di uscirne il prima possibile e poi vedremo cosa ci riserverà il futuro… «ed affronterò la vita a muso duro, come una guerriera senza patria e senza spada, con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro … e alla fine della strada potrò dire che i miei giorni li ho vissuti». Grazie B. Grazie A. Grazie I.
Ciao…
che bello rileggerti…
ti ho scritto una mail…se ti va di leggerla…