Al di là della porta alle mie spalle

Il tempo di arrivare a lavoro lo passo in auto stringendo le cosce per darmi quel minimo di piacere che so già non esser sufficiente a placare i miei istinti. Mi sento fradicia. Forse il sedile saprà di me. Mi eccita pensare che l’odore della mia voglia possa arrivare a chi mi si avvicini o a chi possa salire nella mia auto. I miei tacchi toccano di nuovo terra. La mia unghia smaltata chiude l’auto quasi penetrando nella gomma del telecomando e lasciandovi un breve segno che sparirà a breve al pari della mia sobrietà. Cammino. Nervosa. Incrocio gente sconosciuta che mi squadra con gli occhi. Sorrido maliziosamente compiacente, più del solito. Le porte a vetri scorrono per dar inizio alla mia giornata. La ragazza alla reception mi accoglie con un sorriso reso ancor più bello dalla sua sincerità. È una delle poche colleghe che salverei qua dentro. Attende che passi il mio badge e poi mi si avvicina per farmi i complimenti per le scarpe su cui scambiamo qualche battuta. Ci diamo appuntamento al caffè mattutino prima di incamminarmi verso le scale. Vengo affiancata da un collega che conosco solo di vista. «Lasci poco all’immaginazione» mi dice. Deciso. Un punto a suo favore, lo ammetto. Riprendo il gioco: «Beh, dipende da chi ce l’ha l’immaginazione… C’è ancora molto da immaginare… non trovi?» guardandolo dritto negli occhi. Si presenta. Io invece no: «Di me, invece, non ti dico niente, immagino tu ti sia già informato, vero?». Lo spiazzo, ma regge il colpo. Inizio a salire le scale. Spostandomi la borsa da una spalla all’altra mi cade un foglio che avevo in mano. Si precipita a raccoglierlo, ma sono più veloce di lui. Decido comunque di premiarlo, facendo scivolare di nuovo la pratica mentre lo guardo dritto negli occhi. Non so se abbia capito che l’ho fatto apposta, ma non mi importa. Stavolta non gareggio. Lascio fare a lui. Raccoglie il documento fermato al volo sotto la mia scarpa. Non si sofferma troppo a guardarmi e me lo restituisce. Provo a spiazzarlo di nuovo: «Non ne hai approfittato…» lasciando sospesa la frase nell’aria. Regge bene: «Perché dovrei? Sarai te a farti ammirare quando vorrai. E io sarò lì». Apprezzo la sua prontezza di spirito. Saluto altri colleghi che incontriamo per le scale e appena arrivata davanti al mio ufficio, mi giro verso di lui: «Alle 13 qui». Non aspetto la sua risposta. Mi giro, entro e lascio che la porta si chiuda alle mie spalle lasciandolo al di là delle mie aspettative. Non so se si presenterà, così come non so cosa potrò fare o cosa farò. Lascerò fare al mio istinto. Anche stavolta.

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