…e ora divertiamoci! (II parte)

È una strana sensazione uscire senza mutandine sotto il vestito. In un certo senso è un po’ trasgressivo il sapere che te sai di non averle, mentre gli altri ti guardano, vorrebbero spogliarti con gli occhi e te sei lì che pensi che sei pronta per provocare, per fare qualsiasi cosa. Lo faccio a volte, non spesso. Solo in particolari occasioni. Stasera è stata una cosa estemporanea, non programmata. E non avevo pensato certo di coinvolgere la mia collega. Però mi ha fatto piacere che abbia seguito il mio esempio, anche se non l’avevo minimamente previsto. Usciamo dal bagno con addosso una strana elettricità. Lei è imbarazzata, lo vedo, ma dopo un po’ di passi sembra iniziare a sentirsi a suo agio. Lo vedo da come si atteggia. Parliamo con un gruppetto di colleghi dal quoziente medio pari alla qualità del loro italiano. Fossi stata sola li avrei lasciati lì al primo verbo storpiato, ma lei sembra gradire la loro insulsa compagnia. La osservo, è agitata. Forse le piace qualcuno di loro, forse sarà eccitata per la nuova situazione. Non so, ma sembra quasi che le sia cambiata anche la voce, chissà se capita anche a me, non mi sono mai posta il problema. Provo a resistere ma all’ennesima battuta sguaiata e senza senso devo decidere se mandarli tutti al diavolo o allontanarmi. Scelgo la via più diplomatica, ma mi costa non poco.

Mi avvicino alla piscina e mi accomodo su una sdraio. Arriva un collega a porgermi una coppa. Lo guardo dritto negli occhi mentre mi bagno le labbra appoggiando le mie labbra molto lentamente al bordo prima di schiuderle leggermente. Si siede vicino ai miei piedi iniziando un dialogo di circostanza. Lo so che mi scoperebbe. E anch’io, ad esser sincera. Lascio una gamba distesa con il tacco dieci allineato alla plastica bianca della seduta mentre l’altra la tiro indietro piegando il ginocchio e appoggiando la suola rossa sulla sdraio stesa. Il vestito sale leggermente, scoprendomi quasi del tutto le cosce. La penombra impedisce al mio interlocutore di scoprire la libertà della mia intimità, ma la situazione mi eccita e non poco. Mi guarda. Porto ancora la coppa alle mie labbra e bevo un piccolo sorso senza staccargli gli occhi di dosso. Sollevo la gamba rimasta stesa e ritraendola leggermente appoggio la scarpa sulla sua coscia «Ti piacciono le mie scarpe?». Qualche schiamazzo di troppo non mi fa capire bene la sua risposta, ma intuisco che è positiva. Muovo lentamente la scarpa sulla sua coscia, vedendo il tacco rosso disegnare piccole impercettibili linee. È eccitato. Lo vedo dal suo sguardo. Porta una mano sulla mia gamba. Gli agevolo il compito facendomi scivolare leggermente ed allargando un po’ le mie gambe, quanto basta per fargli capire che le sue dita si bagneranno senza trovare alcun tessuto. Sto morendo dalla voglia, mi sento oscenamente impregnata dei miei desideri. Fermo la sua mano mentre sento arrivare altre voci a rompere l’infinito momento di piacere. Mi alzo. «Vieni». Non mi dice niente, mi segue come un cagnolino preso per il guinzaglio.

Ad ogni passo sento le mie cosce strusciare fra loro bagnate dalla mia voglia crescente. Lo prendo per mano e ci mettiamo dietro ad una piccola rimessa. Mi spinge contro il muro baciandomi a lungo. Premo contro di lui facendo scorrere le mie mani prima di allontanarlo. Il tempo di estrarre un po’ di razionalità dalla mia borsetta. Gli sbottono i pantaloni e piegandomi sulle mie Louboutin faccio scorrere il preservativo sul suo desiderio. Mi rialzo e mi allontano leggermente da lui. Ho una voglia da matti. Mi giro dandogli la schiena. Sollevo il miniabito scoprendomi del tutto. Mi piego in avanti. «Scopami». Resta un attimo disorientato prima di sentirlo avvicinare ed entrare dentro di me. Cerchiamo per quanto possibile di smorzare i toni della voce e i gemiti, prima di arrivare ad un orgasmo reciproco particolarmente intenso e rapido. Ci ricomponiamo appena in tempo prima che arrivi un’altra coppietta in cerca di intimità. Ci sorridono. Ricambiamo senza dire niente. Il tempo di un rapido bacio «Bene, ora torna dalla tua ragazza, vi ho visti prima». Non replica. Il respiro non ancora tornato alla normalità. Mi guarda, sorride. Mi fermo di nuovo in piscina. Lui si allontana. Sono una troia.

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