L’anima di un’altra (I Parte)

Oggi ho vissuto e convissuto con una voglia disumana, avrei voluto far scorrere il tempo più veloce, spingere quelle lancette per arrivare all’ora del mio desiderio. Mi sono spogliata di corsa arrivata a casa tirando un po’ alla rinfusa i pochi vestiti che avevo addosso. Poi la lunga doccia calda ha fatto sparire ogni traccia di una realtà da cui fuggo. Lo specchio ha catturato l’ultima immagine di me, prima di appannarsi per la lunga doccia. Mentre mi asciugavo grondante allo specchio, già non mi riconoscevo più. Non ero già più io, trasformata in un’altra me. Un meraviglioso gioco di sovrapposizione che mai come oggi mi ha sentita così coinvolta. Ho lasciato grondare i capelli su di me, mi sono appoggiata al mobile del bagno mentre una mano ha aperto un piccolo strappo nella nebbia della mia voglia apparsa sullo specchio. Quanto basta per vedere due occhi, nitidi, nel resto del riflesso offuscato. Occhi non miei. Non più. Come il mio comportamento, le mie movenze, il mio modo di essere. Non so dire come possa succedere. So solo che succede. Ed è eccitantissimo. Corro a piedi nudi, a piccoli passettini in camera tenendomi l’asciugamano addosso per trattenere le poche gocce rimaste addosso. E già questo è insolito. In genere cammino nuda per casa con una disinvoltura che stasera non è mia. Almeno per ora. L’asciugamano cade ai miei piedi mentre apro il cassetto da cui prenderò un perizoma nero velato, con un unico piccolo ricamo al centro. Lo faccio scorrere lungo le mie gambe, lentamente per godermi la carezza dei sottilissimi elastici sulla mia pelle. Lo aggiusto con le mani, provocandomi un piccolo brivido di piacere nello sfiorarmi forse non troppo accidentalmente. Sarà ben in vista stasera. Ho scelto una delle gonne più corte che ho. Ma elegante allo stesso tempo. Di classe. Infinita. Come chi si sta sovrapponendo a me.  La sistemo in vita, facendomela girare addosso. Mi giro a vedermi il sedere. Cavolo quanto è corta! Torno in bagno ad aggiustarmi un po’ i capelli. Vedo i miei seni, ancora nudi, che appaiono un po’ alla volta nel chiarore offuscato di una voglia disumana che mi pervade. Mi asciugo i capelli. Devo sentirmi perfetta. Lo specchio restituisce l’immagine di una meravigliosa donna che ha le mie fattezze ma lo sguardo e la sensualità altrui. Mi viene istintivo sfiorarmi i capezzoli con la mano. Le mie labbra si schiudono lasciando fuggire un gemito sordo e intenso come il brivido che mi ha percorso il corpo facendomi vacillare in avanti. Torno in camera, sempre camminando inusualmente a passi rapidi e frenetici. Ho scelto una camicetta bianca effetto raso. Molto bella ed elegante, messa troppe poche volte. I miei seni saranno tenuti nascosti dai pochi bottoni che decido di agganciare, lasciando una generosa scollatura ben in vista. Mi riapro la gonna per sistemarci dentro i lembi della camicia. Mi guardo allo specchio di camera. Mi giro di scatto, istintivamente quasi a cercare conferma in chi immagino guardarmi. E non so perché mi viene istintivo di fare un gesto di approvazione, quasi un segnale di complicità verso chi mi sta immaginando o forse, chissà, osservando. Torno di nuovo allo specchio del bagno. E dal beauty tiro fuori un lucidalabbra rosa che andrà a sottolineare tutta la sensualità di quelle labbra che sono ancora schiuse a cercar di calmare il calore che sento dentro. Perfetto. È proprio il colore che volevo. Lo chiudo appoggiandolo sul marmo del bagno. Poi un guizzo, l’intuizione di un istante. Lo raccolgo di nuovo e lo incastro nella mia gonna, su un fianco, tra la camicetta e il giro vita. Lo sguardo è cambiato ancora. Sì. Adesso trasuda voglia. Intensa, profonda. Come quella di chi so che mi sta guardando. Vado sicura alla scarpiera, quasi come sapessi già cosa mettere. In realtà non ci ho pensato minimamente, ma mi ritrovo fra le mani dei sandali neri tacco dieci con lacci intrecciati attorno al piede e alla caviglia. Cammino per casa. Sì. Sono pronta. Ho voglia. Tanta. Mi chino sulla sedia. La maschera aspettava di andare a celare l’identità nascosta del desiderio comune di una fantasia esplosiva. Si fa indossare. Mi riconosce. Giro per le varie stanze, quasi per prendere confidenza con ambienti che conosco a menadito ma che mi sembra di osservare con ammirazione per la prima volta. Non so cosa mi prenda, ma vado a notare piccoli particolari, piccoli dettagli, trascurati finora. Chiudo le finestre, piombando nel buio di un ambiente apparentemente conosciuto. Accendo una scia di candele. Non quante vorrei. Le devo ricomprare! È l’unico momento di lucidità che mi concedo, prima di rituffarmi nella fantasia profonda di una voglia insanabile e infinita. Prendo le manette e le metto in bella vista sul divano. La sedia sul tappeto, a un lato del divano. Chi sarà seduta lì potrà godersi ogni più piccolo particolare. Poi un’altra intuizione improvvisa, estemporanea ed esplosiva come il mio cuore che batte a mille. Prendo due post-it. Li lecco con la lingua per tutta la loro diagonale prima di stamparci sopra un bacio che lascerà piccole tracce quasi invisibili di lucidalabbra e ci scrivo sopra. Apro il portone e ne attacco uno alla porta. L’altro finirà sul bordo della sedia, messo appositamente in un punto in cui non dia noia a chi vi possa esser seduta sopra, già ora. Il campanello arriva a tradimento, prima del previsto. Rispondo al citofono con una voce non mia. Non so come né perché. Lascio socchiusa la porta e vado a nascondermi al buio del corridoio. Lo vedo arrivare. Figo come sempre. Capelli tagliati corti, barba leggermente incolta. Apre la porta, si sofferma a leggere il post-it, lo stacca sorridendo. E chiude la porta dietro di sé. Vedo la sua figura in penombra, tremolante come la luce delle candele che fa spostare camminandovi vicino. Arriva alla sedia, si china a raccogliere il secondo post-it. Lo legge prima di riattaccarlo nello stesso punto della sedia, assieme all’altro. Non dice niente, fa quello che gli è stato chiesto di fare con i biglietti. Sul suo viso vedo un sorriso malizioso che mi manda in estasi, quasi come vedere il suo corpo che appare un poco alla volta mentre si sta spogliando, lì. Quasi davanti a me, ma non può vedermi. È come se lo stessi spiando. E mi eccito ancora di più di quanto già non lo fossi. La sua camicia bianca finisce sul divano. Il suono della fibbia che si slaccia mi fa sfuggire un gemito di piacere, lasciato scappare dalle labbra che si sono schiuse per un attimo di infinito desiderio. I pantaloni finiscono sulla camicia. Si guarda intorno, cercando di vedermi. Ma sono nascosta bene, anche se temo di tradirmi per il respiro profondo della mia eccitazione. Le sue dita adesso scorrono sui suoi fianchi catturando l’elastico degli slip che si sfilerà velocemente. Sto grondando di piacere, nel vedere il suo corpo, nudo, nella penombra tremolante della mia sensualità. È eccitatissimo. È ben evidente. E non poteva esser diversamente. Probabilmente ha obbedito a ciò che gli avevo chiesto evitando di dare sfogo alle sue fantasie onanistiche. Si siede sul divano, nudo, porta le mani dietro la schiena. Il suono della chiusura delle manette mi fa sussultare. Avrei voglia di toccarmi, lì, adesso. Mi trattengo a stento. Lo lascio aspettare in silenzio. Non so per quanto. Forse pochi istanti sembrati infiniti. Forse minuti. Non so.  Ho perso la cognizione del tempo. E di me. Decido di rompere il silenzio solo con il rumore dei miei tacchi, cercando di accentuare ogni passo che faccio. Si gira istintivamente verso il corridoio buio. Di lì a poco mi vedrà apparire. Mi fermo sulla soglia di ingresso. Una mano su un fianco e l’altra appoggiata sulla porta. Lo guardo fisso. Seria. Senza dire una parola. Corruccio le sopracciglia e riprendo a camminare decisa verso di lui. Non dice una parola. Passo vicino la sedia, voltandomi per un attimo prima di tornare a incrociare il suo sguardo pieno di voglia. Intensissima. Come la sua eccitazione. Mi avvicino davanti a lui. In piedi, divarico leggermente le gambe portandomi le mani sui fianchi, chiuse a pugno. Scuoto la testa. Mi guarda ancora con aria interrogativa. Poi mi avvicino e gli do uno schiaffo. Sufficientemente forte da lasciare il segno delle mie dita sulla sua guancia. Gli prendo i capelli e gli tiro indietro la testa piegandomi un po’ su di lui. Avvicino le mie labbra alle sue, senza toccarle. Gli parlo con voce bassa e decisa: «Non mi avevi chiesto il permesso di profanare cosi la mia bella maschera. Meriti una bella punizione». Non gli do il tempo di replicare e spostandomi vicino ad un suo orecchio avvicino le mie labbra quasi a sfiorarlo e gli sussurro «stasera non potrai toccarmi per alcuna ragione al mondo». La frase si spezza tradendo la mia profonda eccitazione. Gli rilascio i capelli che mi stavano quasi sfuggendo di mano tornando di nuovo in piedi davanti a lui. Cammino sul tappeto che sposterò, decisa, con un calcio per lasciare scoperto il pavimento. Voglio che senta il rumore dei miei tacchi. Vado avanti e indietro. Giro attorno al divano. Lo sguardo deciso, sempre dritto nel suo fin quando è possibile. Sfioro la spalliera della sedia, quasi a voler sfiorare la schiena di chi immagino osservarci. Torno davanti a lui. Mi giro, piegandomi lentamente in avanti. Sento salire la mini, già cortissima. Mi muovo, lentamente, arretrando verso di lui. Lo guardo girandomi. Ha lo sguardo di fuoco di chi vorrebbe prendermi e farmi di tutto. Mi eccita da morire. Torno in posizione eretta, mi sollevo la gonna, sempre dandogli la schiena. Faccio in modo che veda le mie dita entrare nei sottili elastici del perizoma e mi piego in avanti sfilandomelo lungo le mie gambe. Mi giro verso di lui, gli avvicino il perizoma al volto, facendogli annusare il mio desiderio che lo impregna già da quando l’ho indossato. Avvicina il suo viso per poterne apprezzare l’odore. Forse vorrebbe anche leccarlo, ma lo tiro indietro. Mi avvicino ancora. Sono davanti alle sue ginocchia. Mi sollevo la gonna, lentamente, davanti a lui, facendomi vedere nuda, sotto. E fradicia. Non posso nasconderlo. E ben evidente. Con una mano mi tengo su la gonna, con l’altra inizio a darmi piacere lì davanti a lui. Le mie dita si muovono lentamente. Ma l’eccitazione è tanta e tale che devo fermarmi. Cammino ancora per la stanza, facendo risuonare il ritmo dei miei tacchi sul pavimento. Mi avvicino ancora e mi chino in avanti verso di lui. Apro il primo bottone della camicia. Il secondo subito dopo e ancora un altro. Faccio apparire un po’ alla volta i miei seni, i miei capezzoli, rosei, nudi e turgidi, protesi verso un desiderio esplosivo. Mi sfilo la camicetta e gliela getto in faccia. Il raso scivolerà sul suo corpo andando a coprire la sua eccitazione. Nel prendere la camicetta per scoprirlo di nuovo, gli sfioro volutamente la sua erezione. Ha un sussulto, vorrebbe muoversi verso di me, ma lo rispingo indietro. Mi sfioro i capezzoli. Gemendo di piacere. Lasciandomi andare ad un’eccitazione ormai incontenibile. Poi tiro fuori il lucidalabbra dal giro vita della gonna. Lo apro. Mi piego verso di lui e lo passo appena sulle mie labbra, restando a pochissimi centimetri dal suo volto. Poi lo richiudo bene e lo porto fra i miei seni. Lo faccio scivolare sul mio ventre, molto lentamente, prima di farlo arrivare con la mia mano sotto la gonna. La sollevo e inizio a toccarmi con il lucidalabbra. Mi tremano le gambe per il piacere e per l’eccitazione della situazione estemporanea e decisa in un attimo di lucida follia. Lo guardo. Faccio scendere lo sguardo alla sua voglia, alla sua eccitazione protesa verso di me e che vorrei sporcare del rosa delle mie labbra. Mi giro di nuovo dandogli la schiena e piegandomi ancora in avanti. Mi porto dietro il lucidalabbra e accenno ad una penetrazione, lì, davanti a lui, oscenamente piegata in avanti. Si agita, vorrebbe muoversi e venire da me. Ma si trattiene, non appena lo guardo in modo deciso ed esplicito. Mi giro di nuovo. Sedendomi a terra. Le mie natiche sul pavimento che andrà a bagnarsi a breve del mio piacere. Allargo le gambe, divaricandole il più possibile in una posa forse ancora più oscena di quella di prima. Le mie dita scendono a darmi piacere. Che non tarda ad arrivare. Mi contorco per terra, le gambe che si chiudono improvvisamente imprigionando la mia mano e lasciando cadere a terra il lucidalabbra bagnato di me. Appena le mie dita si liberano della morsa delle cosce corrono a inumidire di me i capezzoli turgidi. Mi eccita da morire farlo e abbrevia notevolmente i tempi di… recupero, provocandomi una nuova eccitazione quasi immediata. Anche se mi concedo comunque qualche minuto in cui resto a godermi lo spettacolo di lui, eccitato, nudo, sul divano lì a pochi passi da me.

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