«Non una di meno!»

Ogni volta che mi riavvicino al mio blog mi viene una stretta al cuore, per tutto ciò che vorrei fare, per tutto ciò che vorrei dire… per tutto ciò che vorrei scrivere… E odio ‘sta maledettissima fretta di vivere in cui quasi senza accorgermene mi sono trovata ad annaspare. Ma oggi no! Oggi me lo sono imposto. Dovevo comunque farmi sentire in un giorno come questo. Sono passati due anni esatti dal mio post «Libere di essere libere». E mai come ora lo vorrei gridare al mondo! Gridare alla becera ottusità visiva e mentale di chi si trincera dietro trivialità disumane per nascondere le proprie pochezze, quelle di esseri infimi che non sapendo ragionare con la propria testa fanno parlare i loro gesti infami che ne delineano l’arretratezza.

Questo post è la voce di chi non c’è più. Non è digitale, è scritto con le unghie spezzate della disperazione, è sporco di sangue, è macchiato di sperma, è pieno di lividi, è rigato di lacrime come quelle di chi lo sta scrivendo gridando al mondo per chi non può più farlo. Vuole essere il grido interrotto delle tante voci che hanno intrecciato le vite di tutti, anche la mia… anche la vostra… Perché tutte quelle che non ci sono più hanno fatto parte delle nostre vite… Anche voi le avete incontrate… Anche se state a centinaia di chilometri da loro. Anche se pensate di non conoscerle. Sono quei misteriosi esseri umani ignorati dagli sguardi intenti a leggere messaggi inutili su display che rispecchiano solo il proprio, smisurato, ego, recintato nel rigore del proprio spazio vitale in cui non facciamo entrare quasi nessuno. Sono tutte quelle persone incrociate la mattina andando a lavoro, quelle che si sono sedute accanto in treno, quelle stipate sul pullman o quelle che si avvelenano ogni giorno nel traffico cittadino. O magari quelle che vi hanno regalato un sorriso porgendovi il pane e nascondendo i lividi della propria anima. O, ancora, una vostra collega che continuate a ignorare o magari quella che vi ha fatto un sorriso malizioso che cela segreti inconfessabili. Se solo avessimo alzato gli occhi per leggere un messaggio in meno e scambiare uno sguardo in più, forse avremmo incrociato anche il loro. E, forse, avremmo loro sorriso. Forse avremmo letto la disperazione nei loro occhi. Forse no. Ma sarebbe valsa la pena provarci. Forse qualcuna di loro poteva essere qui a leggere questo post, invece di doverne essere la voce.

Chi mi conosce bene, o chi mi segue da anni, sa che odio le etichette, le banalità e le solite frasi fatte. Proprio per questo c’è chi storcerà il naso nel vedere che ho adottato uno slogan come titolo di questo post. Ma lo dovevo. A me stessa prima di tutto. E a tutte quelle che sono qui con me, al mio fianco, a leggere, a piangere, a lottare, a gridare verso chi le ha spinte, loro malgrado, a diventare una statistica.

Vi chiedo un minuto. Un minuto della vostra vita. Spengete lo stramaledetto cellulare per un minuto. Fermatevi un attimo a pensare. Liberate la mente e pensate almeno ad una di loro. Una che conoscete o che avete conosciuto o a una perfetta sconosciuta. Provate per un minuto a pensare cosa possa voler dire vivere l’inferno di un minuto. Provate a pensare le grida laceranti, lo strazio disumano. Chiudete gli occhi e guardate il sangue, sentite le urla. Dopo riaprite gli occhi. Lo avete vissuto solo per un minuto. O almeno ci avete provato. Bene. Pensate a quelle che al contrario di voi il minuto lo vivono solo di sollievo e l’inferno è la loro normalità. E pensate a chi quell’inferno lo ha vissuto e sta cercando di tornare a vivere con tutte le difficoltà del caso. Ecco. Io sono lì con loro. Nel limite delle mie possibilità. E voi?

25 Novembre 2018

Non una di meno

1 commento su “«Non una di meno!»

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