Se ci dovessi ripensare…

Cammino per strada incrociando la solita gente assonnata di tutte le mattine, entità che vagano verso una loro ignota destinazione senza guardarsi attorno, senza vedere chi stanno guardando, senza rendersi conto che stanno isolandosi all’interno della loro tecno-vita illudendosi di essere i re dei social. Nessuno che si spinga oltre ad una rapida occhiata, i più intrepidi, si soffermano e bisbigliano qualcosa fra loro, nessuno che saluti. Che tristezza… Non tanto perché non mi rivolgano la parola, che potrei capirlo… non è detto che possa piacere a tutti… quanto per il fatto che non parlano ormai con nessuno. Continuano le loro vite parallele, senza cercare di rompere gli schemi, di soffermarsi ad apprezzare un sorriso altrui… Ognuno avvolto nel manto della propria ipocrisia pronti a correre verso chissà cosa o chissà chi… Un anziano signore mi strappa il primo sorriso della mattinata grazie ad un complimento reso ancor più divertente e colorato dal suo forte accento siciliano. Tiro dritto sui miei sandali tacco 12.

Sono in anticipo, decido di fermarmi subito al bar… chissà che… No… non c’è… non ho pensato a chiedergli i suoi turni… Mi guardo intorno… ed un po’ delusa ordino distrattamente un caffè accomodandomi al tavolo vicino alla vetrina esterna. Mi sistemo sull’orribile e scomodissima sedia metallica, sotto l’altrettanto orribile tavolinetto circolare. Accavallo le gambe con un movimento istintivamente e involontariamente lento… mi avvicino il piattino prendendolo con le dita rimaste libere dalla piccola bustina dello zucchero che arrovescio dentro… non ho mai sopportato il caffè amaro e dopo pochi istanti il cucchiaino inizia a far girare il liquido e i miei pensieri… mi trovo assorta a girare ancora… finché, riprendendomi, non assaggio la goccia rimasta sulla parte concava e pochi istanti dopo il mio rossetto incontra il bordo della tazzina, bevendone a piccoli sorsi il contenuto e cercando di assaporarne a fondo il sapore.

Quasi senza accorgermene mi ritrovo a dondolare il piede della gamba accavallata… a giocare col sandalo. Al banco un paio di studenti mi stanno osservando le gambe, arrossendo violentemente non appena incrociano il mio sguardo, per niente affatto severo… ma non lo percepiscono, cercando di dissimulare una loro apparente normalità… Mi viene da sorridere e girandomi per prendere la borsa, noto al tavolino accanto due uomini imprigionati nella loro formale eleganza e, naturalmente, dotati ciascuno dell’immancabile ventiquattrore. Mi sorridono. Ricambio. Cercano di attaccar bottone con le solite frasi fatte… Sarà la pigrizia mattutina, ma stamani non ho voglia di risponder loro a tono e cerco di mantenere la scarna dialettica su binari dell’ovvietà più assoluta. Cosa che odio, profondamente, ma tant’è… forse devo ancora svegliarmi per bene.

Proprio per il fatto che vogliono sicuramente mantenere il dialogo su una asettica linea di assoluta cordialità e, altrettanto sicuramente senza doppi fini, alla seconda frase che ci scambiamo mi chiedono del mio status di single, alla terza domanda se potessi indicar loro un ristorantino per la sera non essendo loro di qua, alla quarta frase scatta d’obbligo la conseguenza della frase precedente, vale a dire l’invito a cena, suggellato dalla quinta frase in cui mi chiedono di restare in contatto, così magari… la frase resta lì in sospeso troncata anche dal mio sguardo sufficientemente esplicativo e che fa loro capire che non io sono lì a cercar avventure… o per lo meno non con loro J. Sorridono alle mie parole e quando vedono che sto per andare via, mi lasciano i loro bigliettini da visita… qualora ci dovessi ripensare… Sorrido e li lascio cadere nella mia borsetta…

Mi alzo in piedi, sento che il vestitino mi è un po’ salito scoprendo un po’ di più le cosce, sicuramente evidenziando bene gli inserti dei collant… Decido di lasciarlo stare senza aggiustarlo… cammino verso la cassa ed esco, camminando lentamente sul lucido pavimento del bar. Vado verso l’ufficio… mancano ormai pochi minuti all’inizio di una nuova giornata.

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