Al centro commerciale

Chiudo dietro di me la tendina della cabina di prova. Chissà quanta vanità avrà visto riflessa lo specchio incrinato! Appoggio la borsetta per terra. Stasera mi sono concessa un giro ad un centro commerciale, accompagnata da una delle ragazze della reception. Ce l’eravamo promesso un po’ di tempo fa, ma finora non c’era mai stato modo di uscire assieme. Complice il fatto che stamani, miracolosamente, non sono arrivata in ufficio trafelata come al solito e senza dover far la corsa alla timbratura in stile «momenti di gloria», mi sono fermata a fare due chiacchiere con le ragazze della reception. Forse ne avevo già parlato tempo fa di una di loro che per me è stata una piacevolissima scoperta nello stagno di ipocrisia e falsità dei normali rapporti umani del posto di lavoro. Non le avevo dato troppa relazione inizialmente, anche per non forzare la sua apparente ritrosia o timidezza, ma quando ci ho scambiato due chiacchiere, si è rivelata subito una di quelle persone che ti danno una sensazione di simpatia e piacevolezza, di quelle con cui non sai mai il perché ma senti subito «a pelle» che ci stai bene. È anche una delle poche schiettamente sincere qui dentro e i suoi complimenti non sono gratuiti o frutto di calcolo o piaggeria. Insomma… non so perché… ma «sento» che sono sinceri.
Forse sappiamo entrambe che lo shopping al centro commerciale è solo una scusa per provare a valutare la consistenza e la persistenza di un sentimento di reciproca amicizia. Dandoci quasi un’aria da consumate personal shopper, fra mille risate ci siamo consigliate reciprocamente qualche capo da provare. Usiamo a turno l’unica cabina di prova del negozio di abbigliamento dove ci troviamo. Ora sta a me. Mi viene istintivo di aggiustarmi i capelli guardandomi allo specchio. Un istante dopo porto le mie mani ad aprire la cerniera della gonna blu che presto scivolerà lungo i miei collant bianchi cadendo sui miei sandali blu tacco undici. Uno dopo l’altro si aprono anche i bottoni della camicetta che finirà appesa ad uno dei tre improbabili ganci. Un ultimo ritocco al reggiseno bianco a balconcino e all’elastico dei collant prima di ritrovarmi addosso un abitino nero aderente. Mi piace. Rigiro su me stessa facendo innaturali torsioni per potermi scrutare da dietro riflessa nello specchio. Apro la tenda e chiedo un parere alla commessa e alla ragazza che mi ha accompagnato in questo estemporaneo mini-shopping-tour. Ricevo consensi unanimi rispettivamente interessati e disinteressati…
Faccio qualche passo per arrivare allo specchio grande in cui potermi guardare meglio. Camminando incrocio lo sguardo di un ragazzo che sbuffa accanto alla sua (presunta) ragazza. Gli sorrido, istintivamente. Ricambiata non senza qualche imbarazzo da parte sua. Gli passo accanto e guardandolo dallo specchio vedo che i suoi occhi mi stanno furtivamente squadrando. A volte sono stronza. Lo so. Cerco il suo sguardo, a volte diretto, a volte riflesso. E lo trovo. Sempre. Mi chino facendo finta di aggiustarmi un laccetto dei sandali. Tirandomi su incrocio per un attimo i suoi occhi che risalgono verso la mia faccia dopo aver scrutato ben altro. Colgo l’attimo e gli strizzo l’occhio, probabilmente aumentando il suo imbarazzo. Gli passo accanto sfiorandolo volutamente e torno in cabina a cambiarmi dopo aver tirato di nuovo la tenda. Mi sfilo il mio nuovo acquisto e nel voltarmi a riprender la camicetta appesa noto che mi sta guardando con estrema discrezione da lontano attraverso il piccolo spazio che è rimasto tra la parete e la tenda. Mi piace e mi eccita essere osservata. Non è un segreto. Indugio dentro la cabina… Avrei quasi voglia di spogliarmi del tutto, per offrirgli qualche fantasia voyeuristica… ma poi soprassiedo… Aggiusto ancora il reggiseno prima di nasconderlo di nuovo dietro i bottoni della camicetta. La gonna torna al suo posto ed esco. Il tempo di far salire l’addebito del prossimo mese sul mio conto corrente e usciamo dal negozio. Mi giro di scatto. Mi sta ancora guardando. Gli strizzo l’occhio e portando il mio indice sulle mie labbra rosso fuoco, mimo un bacio. Poi mi giro e mi lascio portare altrove dai miei sandali tacco undici.

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