Io sono libera

Il suo sms arriva del tutto inaspettato in un momento in cui ero totalmente presa dal lavoro. «A che ora esci?». Quelle poche parole mi fanno ripiombare in uno stato di agitazione e fanno nuovamente volare la mia mente. La mia risposta non si fa attendere così come la sua. Appuntamento alle 18 all’uscita da lavoro. Prima di quel messaggio il lavoro mi aveva distratto dalle mie fantasie e dai miei pensieri, adesso non faccio altro che pensare a cosa mi possa prospettare il tardo pomeriggio. Sono agitata, comincio nuovamente a muovermi nervosamente.

Ho sete. Attivo la casella vocale ed esco dall’ufficio a prendermi qualcosa da bere. Ho sempre odiato il distributore automatico, ma a volte non c’è alternativa… Se non altro è anche uno stupido modo di socializzazione all’interno della ditta e per rompere un po’ il ritmo della giornata. Cammino lungo il corridoio deserto, tutti impegnati nei loro compiti… evidentemente. Entro nell’ascensore ma prima che le porte si chiudano arriva a corsa un collega… Ringrazia per averlo aspettato, in realtà non ho mosso un dito per farlo…

Mi giro verso l’immancabile specchio e controllo il trucco mentre dietro di me noto che lo sguardo del collega sta scendendo lungo il mio corpo, si sofferma sulle gambe e sui piedi. Apprezza molto le mie scarpe e me ne rende partecipe. Gli sorrido compiaciuta mentre mi giro guardandolo negli occhi che tornano prontamente sul mio volto. Immancabile come leggere le scritte, anche le più microscopiche, in ascensore… è la domanda sull’altezza effettiva dei tacchi. Non capisco questa matematica curiosità prettamente maschile… Cosa vi cambia se vi dico che è un tacco undici oppure un tacco tredici? Se cercate modo per attaccar bottone non debuttate troppo bene… Comunque cerco di venire incontro al suo ineluttabile dubbio amletico… Dodici. È un tacco dodici. «Ne ho anche di più alti però». Rimane estasiato dalla risposta…

L’apertura delle porte mi risparmia qualche domanda di fisica teorica o quantistica in relazione al diametro del tacco ed esco salutandolo. Per un attimo rimane imbambolato, poi si incammina dietro a me… Mi offre il caffè inserendo la sua chiavetta. Mi accomodo al tavolo, accavallo le gambe, lentamente, mentre lui mi guarda di riflesso nel vetro della macchinetta, immaginando, forse, che non me ne accorga… Sto al gioco, mi muovo facendo salire leggermente il vestitino e offrendo alla sua vista le mie cosce ormai totalmente scoperte… Il caffè è pronto da un po’ ma lui si attarda a prelevarlo. Me lo porge e mi si siede accanto.

Accavallo nuovamente le gambe, attirando ancora la sua attenzione… Decido di giocare a carte scoperte… con quel pizzico di stronzaggine che a volte mi prende… «Ti piaccio?» gli chiedo a tradimento… facendolo rimanere impastato nelle sue parole e, soprattutto, nei suoi pensieri. Gli sorrido con aria ancor più compiacente… e rincaro la dose aspettando che la sua bocca emetta qualche suono diverso da incomprensibili fonemi… «Ho visto che mi hai guardato ben bene… evidentemente devo averti colpito». Un leggero rossore appare sul suo viso, è abituato, un minimo, a incassare i colpi, poi si scioglie e sorridendo ammette il suo interesse estemporaneo verso di me, verso il mio look, verso le mie gambe e verso i miei sandali. Porto il bicchierino alla mia bocca schiudendola leggermente per sorseggiare il caffè. Il suo sguardo scende di nuovo lungo le mie gambe e alla fine riesce a dirmi che mi trova molto sexy.

Porto di nuovo il bicchiere alla bocca, ne bevo tutto il contenuto e mi detergo le labbra con la punta della lingua, guardandolo dritto negli occhi. Fa un cenno di compiacimento e poi torna a scandire il mio corpo. Il suo caffè intanto è lì immobile sul tavolo… ancora intatto… forse si è anche scordato di averlo… è impegnato in tutt’altro… e proprio mentre torna a disquisire sull’eleganza dei miei sandali, porto la mia mano sotto il tavolinetto rotondo e provo a sentire la sua eccitazione. Rimane basito dal mio gesto… e totalmente spiazzato… Dopo aver appurato di essere decisamente di suo gradimento… riporto la mia mano sul tavolo e accartocciando il bicchiere lo butto nella raccolta plastica, alzandomi.

«Spero che non te ne sia avuto a male» gli dico sorridendo… Il primo momento di stordimento lascia in lui posto ad un’inaspettata verve, forse rinvigorita dal mio gesto totalmente inatteso… e si lancia in un improbabile invito a cena. Ma la parte più stronza di me gli fa capire che forse sua moglie non gradirebbe di saperlo in un ristorantino assiema ad una collega… quindi declino… e gli faccio presente che, comunque, ho già un impegno… con un ragazzo. Ma continuo la mia frase precisando però… «Ma non il mio ragazzo. Io sono libera. In tutti i sensi».

Lascia il caffè imbevuto sul tavolo e mi segue in ascensore… probabilmente la sua eccitazione sale, perché tenta un volgare approccio, prontamente rintuzzato da uno sguardo gelido che gli fa capire che non è il caso. Sono stronza, lo so… Ma voglio giocare a modo mio. Stop. Le porte si aprono di nuovo, io torno in ufficio, lui dalla parte opposta. Segno del destino, forse. Lo saluto, ringraziandolo del caffè… e guardandolo gli faccio l’occhiolino… «Domani offro io».

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