La scatola

Non ho ancora deciso niente. Anche se ci penso. Molto. Sono indecisa, ho ricevuto consigli molto interessanti da alcuni utenti. Consigli molto meno banali di quelli che pensassi di ricevere e che mi fanno riflettere. Ne terrò conto. La mia «sconosciuta amica» ancora non mi ha risposto e non mi sono ancora confrontata con lei. Intanto cammino sui miei sandali tacco dodici entrando fisicamente in ufficio, ma mentalmente altrove. Nell’insieme di cose che non ho ancora deciso sono comprese anche le ferie. Non so ancora dove andrò. Sicuramente so con chi, una mia amica, ma non dove. Decideremo davvero in extremis, magari approfittando di qualche offerta last second. Mi hanno anche offerto un «passaggio» in barca a vela. Ho declinato, non prima di aver fatto pesare il fatto che chi me l’ha proposto mi ha comunque ignorata per un paio di mesi. Sono stronza, lo so… Comunque non avrei accettato, non sono il tipo. Però non ne posso più. Sono davvero arrivata al limite… è quasi un anno che non mi prendo un periodo di riposo come si deve… ed ora inizio a sentirne il bisogno…

Saluto qualche collega, entro in ufficio e… qualcosa attira subito la mia attenzione. C’è qualcosa che non va… mi guardo attorno, non c’è nessuno, mi avvicino alla mia scrivania, lanciando la borsa nel solito angolo dove la lascio sempre, ma stavolta senza porci particolare attenzione… perché il mio interesse è tutto attratto da una scatola che trovo sulla scrivania. Viola, legata con un nastro largo e un bel fiocco sopra a coprire gran parte di un angolo. Solo un bigliettino a macchiare di bianco l’insieme cromatico del pacco. Mi guardo attorno di nuovo, quasi a cercare qualcuno nei paraggi… Appoggio un ginocchio sulla poltrona dell’ufficio, sollevando la mia scarpa… Mi avvicino col corpo alla scrivania, appoggiandomi mentre le mie mani stanno già aprendo la bustina e i miei occhi avidi stanno cercando di leggere ciò che non vedono ancora. Rigiro il bigliettino fra le mie mani. Poche parole, scritte a mano con un’eleganza calligrafica inusuale… «Per Venerdì. Se vuoi.». Lascio cadere il bigliettino sulla scrivania, la busta finisce a terra, le mie mani sono già sul coperchio della scatola appena liberato quasi senza accorgermene dal nastro che lo teneva assieme, lo apro e rimango senza parole… una sottile carta velina nera copriva appena un paio di sandali rosso fuoco, ne tiro fuori uno, lo guardo, bellissimo. Me lo rigiro fra le mani, guardandomi ancora attorno, quasi a cercare l’autore di questo gesto clamoroso e totalmente inaspettato. Tiro fuori anche il secondo, non credo ai miei occhi… bellissimi… di marca, mai avuti in vita mia… rossi, tacco dodici a vederlo… poi lo confronterò… con dei lacci che disegnano delle curve e si uniscono sul collo del piede. Due fibbiette dorate (spero solo come colore… non voglio pensare che lo siano davvero) ad impreziosire il tutto.

Adesso ho i sandali lì sulla mia scrivania, messi perfettamente uno accanto all’altro, le punte rivolte verso di me. Sono bellissimi. Di marca, come non mi sarei mai permessa di averne o anche solo di pensarci. Di quelle cose che si vedono solo nelle riviste di moda o ai piedi di qualche vip. Li prendo in mano, facendo scorrere le mie dita sulla pelle rosso fuoco. Li giro, guardo il tacco, mi viene istintivo di confrontarlo con quelli che ho addosso, praticamente stessa altezza. Cerco qualcosa che mi faccia capire la misura, trovo solo un 4 come riferimento, probabilmente non sono state comprate qua, non so, e comunque non sono così esperta di misure da capirne l’equivalenza. Cerco sulla scatola ma è totalmente anonima, dall’esterno nessuna etichetta, nessun marchio, nessun identificativo. Poi la mia concentrazione si sposta altrove… inizio a pensare chi possa aver fatto una cosa del genere, scorro mentalmente tutte le persone con cui ho avuto a che fare negli ultimi giorni, negli ultimi tempi, ma nessuno di loro mi sembra sia il tipo da fare cose del genere, o, forse, l’ho semplicemente sottovalutato io, il che è possibile.

Mi siedo, accavallo le gambe e inizio a slacciarmi velocemente i sandali che ho indosso, li voglio provare… non resisto alla tentazione. Prendo il primo fra le mani, lo riguardo e poi lentamente vado a provarmelo. Lo sento mio, decisamente. Poco dopo anche il secondo andrà a evidenziare di rosso l’altro piede. Mi alzo in piedi, sono perfetti… Chiunque sia stato ha avuto anche un buon occhio, probabilmente un esperto, chissà, forse un misterioso feticista a cui basta guardare i piedi di una ragazza per capirne alla perfezione tutte le peculiarità. Provo a camminare, ci sto benissimo, sembra siano fatti su misura per me da tanto che li sento miei. Cammino a lungo sopra ai miei pensieri, alla mia profonda sorpresa finché non mi ritrovo di nuovo seduta con lo sguardo fisso sui miei piedi. Mi rendo conto dell’espressione sorpresa ed inebetita cercando di scrollarmela di dosso… Mi chino a sfilarmeli, poco dopo tornerò alla normalità, o meglio alla mia normalità, calzando di nuovo i miei. Li raccolgo da terra e li ripongo accuratamente nella scatola viola, avendo cura di riavvolgerli nella sottile velina nera che li celava.

Richiudo la scatola e quasi a volerla nascondere mi viene istintivo di provare a metterla in borsa, non rendendomi conto dell’insensatezza del gesto date le dimensioni della scatola, ma sono confusa, me ne rendo conto. Chiunque sia stato ad architettare tutto ciò è riuscito a destabilizzarmi. Effettivamente. A me piace condurre il gioco, avere sempre tutto sotto controllo. Questo non me lo aspettavo, è un gesto spiazzante. Gradito, comunque. Molto gradito. Adesso il pensiero corre ad individuare chi possa esser stato a fare questo… Sicuramente qualche collega, nessuno avrebbe potuto avere accesso alla mia scrivania, altrimenti. Mi chiedo ancora chi possa essere, magari qualcuno a cui non ho nemmeno mai rivolto la parola, qualcuno di totalmente anonimo, almeno ai miei occhi… e di totalmente devoto nell’ammirazione da fare una pazzia del genere. O magari qualcuno dei maschietti con cui ho parlato. Ricerco il biglietto sulla scrivania, lo trovo arrovesciato sotto la tastiera, mi chino sulle ginocchia per raccogliere la busta finita a terra, facendo salire la mia mini a scoprirmi ancora un po’ di più, subito prima di aggiustarmela non appena torno in piedi. Rileggo il biglietto, nessuna firma, nessun indizio, torno a fantasticare sulla calligrafia, molto elegante e curata. Un’ultima occhiata prima di farlo sparire nella borsa. Mi sento strana, non so descrivere come… tutto sommato compiaciuta. Sorpresa, sicuramente sorpresa, senza ombra di dubbio. Ok, misterioso filantropo. Mi hai destabilizzato quanto basta dal sentirmi quasi stupida nel mio comportamento mattutino. Adesso inizia la caccia.

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