Ora conduco io

«Ehi! Davvero! Dico a te… Stai davvero una favola!». Insiste. «Che hai fatto? Hai perso una scommessa? Hai un appuntamento galante con qualcuno? Chi è il fortunato? Eh?! Eh?!» mi dice compiacendosi con se stesso dell’aria da piacione con cui mima i suoi pensieri. Palesi. Uno come lui non può pensare che una ragazza possa decidere di punto in bianco di cambiare look autonomamente e solo perché le va… senza altre motivazioni nascoste. Non lo concepisce… nella sua concezione culturale dell’universo femminile ci dev’essere sempre una spinta da parte di qualcuno per cambiamenti simili. Mi giro verso di lui, lo guardo negli occhi, o meglio… ci provo… perché il suo sguardo torna sulle mie gambe. «No, guarda! Non hai proprio capito niente di me». Lui ride, pensa sia una battuta, forse anche un complimento. Non riesce proprio a guardarmi negli occhi, è più forte di lui… ormai penso abbia scansionato ogni piccola parte delle mie gambe… «Non ti avevo mai vista così, brava!». Insopportabile. Non ho mai ricevuto un «brava» da lui in anni di lavoro assieme, e adesso me lo devo sentir dire solo perché sono aumentati i centimetri quadrati di esposizione del mio corpo. Mi verrebbe voglia di mandarlo a fottersi, ma decido di affrontarlo. Mi alzo, cammino decisa verso la sua scrivania. Il nervosismo che mi hanno provocato le sue parole riecheggia nel rumore dei tacchi che sbattono sul pavimento. Mi appoggio alla sua scrivania, le gambe ben in vista. Porto la mia mano al nodo della sua cravatta per aggiustarglielo con movimenti di disprezzo e ironia. «Per tua conoscenza, ti informo che i miei occhi sono qua, magari potrebbe far piacere dialogare con qualcuno guardandolo in viso. Riguardo al mio look fattene una ragione perché mi vedrai sempre più spesso così. Ah… e riguardo ai pensieri che stai facendo su di me… la risposta è no: non ho intenzione di scopare con te né ora né mai». Farfuglia in risposta qualcosa di indefinibile mentre scoppia una risata generale fra le persone che hanno assistito alla scenetta. Io me ne torno alla scrivania percependo qualche parola di approvazione nel bisbiglio comune. Mi siedo, lo guardo in faccia, lui abbassa lo sguardo, è in difficoltà… Imbarazzo palese davanti ai suoi adepti. «Mi sa che è lei a condurre il gioco» gli dice uno ridendo e ricevendo da lui in risposta una palla di carta tirata con forza… Esatto. Ora conduco io.

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