È seduto al tavolo di fronte a me, assieme a una delle sue donne-trofeo con cui vantarsi sguaiatamente al bar con gli amici. I nostri sguardi si incrociano mentre fingiamo di essere intenti ad un dialogo con i reciproci commensali. Sufficientemente interessante da solleticare la mia voglia, forse cinquantenne, brizzolato, strangolato da una cravatta che non sopporta. Gli sguardi opposti e annoiati fanno da contorno al momento di esistenza trascinato. Ordina qualcosa e si alza per andare in bagno. Lascio la mia collega al tavolo e scatto in piedi sui miei tacchi 12 odierni mentre col cuore in gola inseguo la perversione del mio istinto animalesco. Affretto il passo percorrendo il breve corridoio in penombra. Entro in quello degli uomini, due porte, una spalancata, l’altra chiusa. No, è accostata. Mi avvicino, lanciandomi in preda alla voglia, accosto una mano cercando il coraggio della follia. Ascolto. La zip e poi lo sento iniziare il suo bisogno. Sono eccitatissima e mi lascio andare totalmente in preda alla mia voglia.
Spingo la porta. Non fa in tempo a dire che era occupato, la sua voce si ferma vedendomi entrare e chiudere la porta alle mie spalle. Lo abbraccio da dietro baciandogli il collo e mordendogli il lobo di un orecchio mentre con la mia mano cerco e agguanto il suo membro da cui escono le ultime gocce che mi colano sulle dita. Tenta di girarsi ma resto in quella posizione allargando un po’ le gambe per darmi stabilità. Lo sento crescere nella mia mano mentre la faccio scorrere velocemente ansimandogli sul collo. Cerca di portare dietro una mano per sfiorarmi ma la fermo sul fianco mentre con l’altra aumento il ritmo sentendolo sempre più turgido. Sento il cigolio della porta e passi nell’antibagno, poi chiudersi la porta del bagno accanto. Ho un ulteriore sussulto di eccitazione. I nostri respiri si fanno affannosi, il suo perché sta per esplodere, il mio per l’eccitazione della follia in cui mi sono lasciata trascinare dall’animale che è in me.
Senza lasciare la presa scivolo giù, accovacciandomi sui miei tacchi, facendolo girare e spingendolo contro il muro. Fermo per un attimo la mia mano, giusto il tempo di accoglierlo tra le mie labbra, nella mia bocca, calda e vogliosa. Mi arriva il sapore acre di quel che resta dei suoi bisogni eccitandomi all’inverosimile… Sapore che si va via via attenuando man mano che il mio Dior scorre lungo la sua eccitazione. Lo sento spingere col bacino, cerco di tenerlo a bada costringendolo al muro con l’altra mano. Le sue mani adesso sono sulla mia testa e cercano di darmi un ritmo a cui mi ribello scuotendo la testa e facendolo desistere. Conduco io il gioco. Intanto sento le voci di altre persone che entrano di là aspettando che si liberi un bagno. Se mi toccassi ora penso che esploderei semplicemente sfiorandomi e gridando senza trattenermi. Cerco di spingermelo a fondo, provocandomi quasi un conato, ma eccitandomi da morire… poi riprendo a succhiarlo, avidamente, ruotando la mia lingua e stringendolo tra le mie labbra. Mi sento bagnata all’inverosimile, poi sento le sue mani che d’impero mi tengono la testa mentre il suo bacino si muove contro di me… Mi inonda la bocca… riempiendomela del suo nettare. Mi godo l’infinito momento del suo piacere soffocato piena del suo sapore di maschio, con la lingua affogata che continua a lambire la sua erezione. Mi nutro di lui, deglutendo e continuando a far lavorare la lingua.
Si tira indietro. Lo seguo per pulire ogni singola goccia. Mentre lo libero dalla morsa delle mie labbra un ultimo schizzo mi arriva in faccia mentre lo scuote per rimetterlo negli slip. Mi pulisco il viso con le dita, leccandomele avidamente. Risalgo in piedi, sorridendo e vedendolo sfinito. Apro la porta, senza aspettare di sentire se ci fosse nessuno, incrocio un ragazzo giovane che si sorprende di vedermi lì. Gli sorrido prima di uscire dalla porta, senza lavarmi le mani. Voglio ancora avere il suo odore su di me e quel che resta del suo sapore in bocca. Cammino nel corridoio aggiustandomi la gonna, ma non troppo. Torno a sedermi, la mia collega mi chiede se va tutto bene. Annuisco sorridendole senza rispondere. Sedendomi mi viene istintivo portarmi il tovagliolo alla bocca, come se avessi mangiato lì a tavola. Mentre lo faccio sento l’odore inebriante della mia mano che sa ancora di lui. Al tavolo davanti ancora la sua donna-trofeo intenta a guardare il cellulare. Dopo poco lui torna a sedersi, lo seguo con lo sguardo ma mi evita. Si siede. Sorride. Come se nulla fosse. La mia collega si accorge che lo osservo. «Ti piace?». Sorrido. Senza rispondere.