Troppo tardi…

Sono in ritardo… mi sono attardata a godermi il sole seduta su una panchina dei giardini di fronte… pensando a tutt’altro tranne che al tempo che scorreva inesorabile, mancano pochi minuti perché il matematico badge decreti una decurtazione di mezz’ora dal mio stipendio. Affretto i miei passi… il metronomo dei miei tacchi accresce la mia ansia. Le porte automatiche si dischiudono davanti a me proprio allo scoccare dell’ora limite. Il guizzo finale mi ha fatto salvare l’orario. Mi avvicino al distributore automatico per prendere una bottiglietta d’acqua. Sono accaldata, e non solo per la corsa. Guardo nervosamente il cellulare, cercando di vedere se mi fossi persa una chiamata… forse delusa lo rimetto nella sua custodia, pronto ad essere tenuto d’occhio per il resto del pomeriggio. Cerco le monete da disperdere nella macchinetta. «Non so come fai a correre con quei tacchi». Mi giro, un collega mi ha visto arrivare a corsa. Gli sorrido. «Questione di allenamento…» gli dico sorridendo. È uno dei più simpatici lì dentro, ha sempre una battuta per tutti e spesso aiuta a sdrammatizzare alcuni attriti che inevitabilmente si creano in un qualunque posto di lavoro. «Tieni, bevi un po’ così ti riprendi». Mi offre la sua bottiglietta. Me la stappa davanti ai miei occhi, la prendo cingendola con la mia mano, me l’avvicino e l’appoggio lentamente alle mie labbra che si schiudono un istante dopo per accoglierne il liquido, a piccoli sorsi. Il mio sguardo fisso nei suoi occhi che mi guardano ma pensano ad altro. A ben altro. Bevo più sorsi, poi l’allontano raccogliendo con la lingua le poche gocce rimaste sulle mie labbra, gliela porgo… «Scusa, te l’ho bevuta quasi tutta… Aspetta che te ne prendo un’altra…» ma mi interrompe prendendola di nuovo in mano… e fermandomi con il suo sguardo dritto nei miei occhi «No… Bevo questa», la porta alla sua bocca… ne beve pochi sorsi, poi me la offre di nuovo… «La vuoi finire te?». Senza rispondergli la prendo di nuovo nella mia mano, le unghie rosse devono spiccare sull’etichetta azzurra… vedo il suo sguardo seguire il lento percorso della bottiglietta fino al nuovo incontro con le mie labbra… già dischiuse per accoglierla di nuovo… La finisco… poi con la lingua raccolgo l’ultima goccia dal bordo di plastica… il mio sguardo dritto verso di lui… «Grazie per l’acqua…» gli dico sorridendo maliziosamente… Lui non dice una parola… si sta godendo il momento quasi come fosse tutto rallentato dal resto del tempo che scorre attorno. Gli porgo la bottiglia e il ritmo dei miei tacchi lo fa forse risvegliare dal torpore o dall’estasi in cui è caduto. Si gira per dirmi qualcosa, ma le parole gli si strozzano in gola. Troppo tardi.

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