Una voglia esagerata… II Parte

Non passo inosservata. Lo so. Lo sapevo da prima che uscissi. Ma mi va bene cosi. Mi eccitano queste situazioni. La mia eccitazione aumenta a dismisura nel sentirmi indefiniti occhi che mi scrutano, mi osservano, mi desiderano. La mia pelle si adagia su uno sgabello di legno scuro che presto sarà bagnato del mio desiderio. Lo so. Lo sono già. Lo sento. Accavallo le gambe incastrando il tacco 15 nel poggiapiedi consumato. Le mie autoreggenti ben in vista non vengono ignorate e ben presto ci troviamo con due birre rosse offerte da un gruppetto di ragazzi, simpatici ed apprezzabili finché non scadono nei soliti luoghi comuni. Ci fotografano, quasi sicuramente per millantare socialmente una conquista mai avvenuta, un’altra tacca abbozzata su una stecca piena di parole vuote. Sento una mano che si insinua sulla schiena, sotto il sottile tessuto della camicetta, sfiorandomi esitante la pelle. Le mie labbra rosso fuoco si staccano per un istante dal vetro del boccale e il mio sguardo cerca quello del temerario. Si ferma immobile nel momento esatto in cui lo incrocio, ma non gli dico niente e fissandolo negli occhi torno a bagnare le mie labbra con un piccolo sorso di birra, abbozzando un sorriso malizioso. Non distolgo lo sguardo, lui lentamente inizia a muovere nuovamente la mano, molto più lenta ed esitante di prima. Non sa se fermarsi o se continuare. Lo lascio col dubbio tornando a guardare altrove ed appoggiando il boccale di vetro sul piccolo tavolinetto ormai pieno. Al tavolo davanti al nostro due distinti signori brizzolati stanno percorrendo con lo sguardo ogni centimetro delle mie gambe. Parlottano fra loro. Mi eccita pensare che sia io l’argomento e immaginare i loro commenti osceni su di me. Decido di dar loro una migliore visuale spostando le gambe e aprendole leggermente. Colpisco nel segno. Lo vedo. Quasi contemporaneamente sento scivolare via la mano dalla mia schiena per andare ad impugnare uno smartphone illuminato pronto a parlare di calcio con l’anonimo interlocutore. Lo fulmino con gli occhi, ma continua imperterrito nelle sue disquisizioni tattiche sulla partita appena terminata. Resto nella sua stupida mentalità calcistica e decido un’improvvisa inversione di campo. Poco dopo i miei tacchi quindici si troveranno sotto il tavolo scuro davanti e la mia gonna, sollevandosi nel movimento, farà assaporare ai miei glutei la fresca sensazione della scomoda panca di legno. La mia mossa lascia sorpresi i due che mi guardavano. Gioco a carte scoperte, imbarazzandoli un po’ nel dir loro che avevo notato gli sguardi su di me, ma allo stesso tempo tranquillizzandoli quando dalle mie labbra rosso fuoco usciranno parole che faranno capire il mio apprezzamento per quegli sguardi. (continua…)

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